venerdì 30 ottobre 2015

Roma, Marino indagato per peculato: “Perché i politici non vogliono farmi parlare?”

"C'è una cosa che il Paese dovrebbe domandarsi - ha detto il sindaco, che è indagato dalla Procura di Roma per la vicenda delle note spese e per il caso "Image Onlus" - perché un sindaco è così ostinato a voler andare in consiglio e spiegare ogni aspetto della questione ai romani e perché la politica in ogni modo e con ogni strumento, compreso quello delle dimissioni di massa, vuole evitare una spiegazione pubblica". Atteso per il pomeriggio il passo indietro di 25 consiglieri, 19 del Pd e 6 dell'opposizione

Roma, Marino indagato per peculato: “Perché i politici non vogliono farmi parlare?”


Ignazio Marino indagato dalla Procura di Roma e 25 consiglieri pronti a lasciare. Potrebbe essere arrivato il giorno decisivo, quello in cui il Pd riuscirà a staccare la spina al sindaco, che giovedì aveva ritirato le dimissioni rassegnate il 12 ottobre. E che continua a difendersi: “Io vi parlo assolutamente con molta tranquillità – ha risposto questa mattina a chi gli chiedeva se potesse confermare o smentire la notizia secondo cui sarebbe indagato per peculato – ma lo farò all’Auditorium così siamo tutti insieme e parlo una volta sola”. “C’è una cosa che il Paese dovrebbe domandarsi – ha detto ancora Marino – perché un sindaco è così ostinato e determinato a voler andare in consiglio e spiegare ogni aspetto della questione ai romani e perché la politica in ogni modo e con ogni strumento, compreso quello delle dimissioni di massa, vuole evitare una spiegazione pubblica“, ha detto Marino che giovedì aveva manifestato l’intenzione di fornire la propria versione dei fatti in un dibattito pubblico di fronte all’Assemblea Capitolina. “Noi viviamo in un paese democratico – ha detto ancora il sindaco – e i confronti democratici non avvengono in stanze chiuse in cui gli eletti dal popolo vengono persuasi a dimettersi in massa per evitare un confronto pubblico. Io questo chiedo”. Alle 11.30 il sindaco è atteso al Parco della Musica di Roma per l’insediamento del nuvo consiglio di amministrazione. Alle 12 è prevista una conferenza stampa. A quanto si apprende da fonti del Campidoglio, dalle 16 ha Marino in programma a Palazzo Senatorio una serie di incontri politici con consiglieri della Lista civica Marino, quindi Sel e Pd. 


 Intanto sono previste nel primo pomeriggio le dimissioni di massa dei 19 consiglieri del Pd – chieste da Matteo Orfini – e degli altri 6, che si sono detti disponibili a firmare il passo indietro necessario a raggiungere il numero dei 25 necessari a determinare lo scioglimento del consiglio comunale. Nella riunione di giovedì tra il commissario del Pd romano e alcuni dei consiglieri dem si sarebbe chiuso il cerchio con l’appoggio di esponenti di altre liste. Tra questi ci sarebbero Daniele Parrucci, di Centro Democratico, presente anche ieri al Nazareno, e probabilmente una dei componenti della Lista Civica Marino, Svetlana Celli. Inoltre, nell’opposizione, sarebbero pronti a firmare le dimissioni Alfio Marchini e Alessandro Onorato della Lista Marchini. I sei “esterni”, assicura qualche consigliere dem, non hanno a che fare con l’ex amministrazione di Gianni Alemanno e non sono stati toccati dalla vicenda Mafia Capitale. Un punto cruciale questo per mettere d’accordo il gruppo dem, in cui era emerso qualche maldipancia di fronte all’eventualità di mandare a casa Marino grazie all’appoggio di personalità legate alla precedente amministrazione. I consiglieri dimissionari dovranno presentare la lettera di dimissioni tutti nello stesso momento per causare la caduta del consiglio, altrimenti a ciascuno dei consiglieri dimissionari subentrerebbe il primo dei non eletti e solo a esaurimento della lista scatterebbe la decadenza. Play 0:00 / 0:16 Fullscreen Mute Secondo La Repubblica e il Corriere della Sera, a carico di Marino ci sarebbero due le indagini della Procura di Roma. La prima, e più nota alle cronache, è il cosiddetto “caso scontrini”, relativa all’inchiesta sulle note spese saldate con le carte di credito del Comune. Vicenda per la quale il 19 ottobre il sindaco si era presentato a piazzale Clodio, accompagnato dall’avvocato Enzo Musco, e aveva raccontato ai magistrati la propria versione dei fatti. Commettendo, secondo La Repubblica, un autogol: il primo cittadino aveva spiegato che le firme apposte in calce ad almeno 7 note spese non erano le sue, ma era stata apposta da uno o più dirigenti. Una prassi, aveva spiegato, avallata dalla sua segreteria. Questo, secondo il quotidiano romano, sarebbe valsa a Marino l’accusa di concorso in falso materiale e ideologico. Il sindaco poi sarebbe al corrente della propria iscrizione nel registro degli indagati da mercoledì. La conferma arriva dal legale, che però precisa: “L’avviso di garanzia – ha spiegato Musco – è a tutela della persona, non contro. Proceduralmente è un passaggio obbligato per lo sviluppo e per le conclusioni delle indagini per le quali è prevista anche l’archiviazione”. 




L’altra indagine riguarderebbe invece la “Image Onlus“, fondata dal chirurgo nel 2005 per portare aiuti sanitari in Honduras e Congo. Il sindaco è indagato da giugno con l’accusa di truffa (a essere contestati sono due contratti di consulenza che avrebbero garantito all’associazione sgravi fiscali previsti dalla legge Biagi). Dopo aver saputo che Marino è indagato “devo prendere atto di aver dato mia lealtà ad un bugiardo. #vergogna”, ha commentato su Twitter l’assessore dimissionario ai Trasporti del Comune di Roma Stefano Esposito. “Roma ha bisogno di un’amministrazione, della guida che merita, perché è una città che merita moltissimo, specialmente in vista del Giubileo che è alle porte – ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei – ci auguriamo che Roma possa procedere a testa alta e con grande efficienza”. Le due notizie arrivano a poche ore dal dietrofront di Marino, che giovedì aveva ritirato le dimissioni. “Abbiamo ripristinato legalità e trasparenza – spiegava il sindaco – alla presidente del consiglio Comunale Valeria Baglio esprimerò la mia intenzione di avere una discussione aperta, franca e trasparente nell’aula Giulio Cesare. Ritengo che ci sia un luogo sacro per la democrazia che è l’aula, un consiglio comunale e io sono pronto a confrontarmi con la mia maggioranza per illustrare quanto fatto: le cose positive, gli errori e la visione per il futuro”. La risposta del partito non si faceva attendere e il presidente del Pd e commissario cittadino del partito Matteo Orfini chiedeva ai consiglieri Pd di rimettere il mandato in modo da far decadere l’Assemblea capitolina e quindi il primo cittadino.

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