Il momento del reddito di cittadinanza è arrivato. Ancora un paio di settimane e la principale promessa elettorale del Movimento 5 stelle prenderà la forma in una proposta di legge.
La stanno preparando da dieci giorni circa 30 deputati e senatori
pentastellati, che hanno costituito cinque gruppi di lavoro ristretti,
ognuno con un compito preciso.
Il pool più attivo, manco a dirlo, è quello che si occupa della
copertura finanziaria. I senatori Bertorotta, Lezzi, Endrizzi e
Molinari, e i deputati Cominardi, Villarosa e Pesco dovranno trovare le
risorse affinché il principale punto programmatico del Movimento 5
stelle non resti scritto in un libro dei sogni. Dopo le prime riunione,
hanno già dovuto abbassare il tiro rispetto all’obiettivo dei mille euro
ad ogni indigente, sbandierato da Beppe Grillo
alla vigilia delle elezioni Politiche. Perché solo i disoccupati in
Italia sono circa tre milioni e altrettanti sono gli inattivi. “Abbiamo
individuato una platea di circa otto milioni di italiani, che potrebbero
beneficiare del reddito di cittadinanza”, svela il senatore Francesco
Molinari. “Ci stiamo concentrando su cittadini che vivono sotto la
soglia di povertà, non solo su chi non percepisce alcun reddito ma anche
chi ha reddito troppo basso”.
Il progetto di reddito di cittadinanza targato M5s fissa una soglia di sopravvivenza a 600 euro al mese:
cifra che lo Stato dovrebbe assicurare per intero a chi non ha alcuna
forma di sostentamento e solo parzialmente a chi, invece, riesce a
racimolare un po’ di soldi con lavori precari o altre indennità. Conti
alla mano, occorrerebbero più di 50 miliardi di euro l’anno per
accontentare tutti. “I nostri calcoli – replica Molinari – prevedono una
somma tra i 20 e i 30 miliardi di euro. Ma sapremo essere più chiari
tra una decina di giorni”. Se è difficile recuperare quattro miliardi di
euro per abolire l’Imu sulla prima casa, trovarne trenta potrebbe
essere una missione impossibile. “Non bisogna mai avere paura della
realtà. La realtà ci dice che questa misura in parte ridurrebbe i suoi
stessi costi”, aggiunge il senatore Giovanni Endrizzi.
Come? “Con una riforma complessiva delle politiche del lavoro e
l’introduzione di un sussidio unico in un sistema integrato di welfare”,
afferma la senatrice Nunzia Catalfo, componente del pool Politiche del
lavoro e welfare. “I centri per l'impiego, che finora non hanno svolto
la loro funzione di supporto e ricerca di occupazione, soprattutto per i
giovani, saranno coinvolti in questa operazione. Il reddito di
cittadinanza sarà al centro di un contesto di politiche attive volte al
reinserimento lavorativo e non sarà un semplice sussidio o una social
card al cittadino”. Una proposta, questa, che in alcuni punti è simile a
quella di iniziativa popolare presentata lo scorso aprile alla Camera e
volta ad introdurre un reddito minimo garantito, con un riordino di
varie prestazioni assistenziali, quali assegno sociale, pensione
sociale, assegno alle famiglie numerose, assegno di maternità, pensione
di inabilità e di invalidità, social card per i minori e per gli
anziani.
Questi e altri interventi sono stati finanziati nel 2011 con 66 miliardi di euro alla voce “Altre prestazioni sociali in denaro”. Le pensioni, invece, sono costate allo Stato 270 miliardi di euro.
Questi e altri interventi sono stati finanziati nel 2011 con 66 miliardi di euro alla voce “Altre prestazioni sociali in denaro”. Le pensioni, invece, sono costate allo Stato 270 miliardi di euro.
Il confronto con le associazioni e i comitati pro reddito di
cittadinanza è una prerogativa del gruppo di lavoro di cui fa parte, tra
gli altri, il capogruppo Vito Crimi. Tra i consulenti ascoltati dai
parlamentari 5 stelle c’è Luciano Vasapollo, docente di Analisi Dati di Economia applicata all’Università La Sapienza di Roma
e direttore del Centro Studi Cestes, che già negli anni Novanta ha
elaborato proposte di reddito di cittadinanza, o reddito sociale minimo
che dir si voglia, confluite in tre disegni di legge senza alcun esito.
Una delle novità inserite nel progetto grillino è la creazione di
“pacchetti cultura”, che consentirebbero soprattutto ai giovani senza
reddito di usufruire di pass per musei, cinema, teatri e concerti.
Capire perché il Parlamento non ha approvato una simile legge e
trarre spunto dalle varie proposte presentate nelle precedenti
legislature è il compito dei senatori Puglia, Vacciano e Bencini. La
comparazione con i modelli europei, invece, spetta alla squadra composta
dai senatori Molinari, Moronese, Lezzi, Catalfo, Nugnes e dai deputati
Pesco, Labriola, Sibilia e Ciprini. Finlandia, Svezia e Austria sono i
principali esempi che si tenterà di seguire.
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